domenica 10 aprile 2011

Unire le risorse tra i Comuni per ottimizzare la spesa: in Emilia-Romagna si può!

Prosegue la carrellata di esempi anti-vittimismo ed anti-così-va-il-mondo che abbiamo inaugurato un paio di articoli fa trattando di "Architettura del Paesaggio" e di "Comuni Virtuosi". Oggi presentiamo uno stralcio dal Piano strategico della Bassa Romagna, link completo cliccando qui, che può servire da utile spunto per capire che in paesi piccoli non servono cinquanta piani urbanistici ma uno solo ben strutturato; non servono cinquanta operatori/operatrici di verifica degli inadempimenti ma poche unità ben coordinate ed a disposizione di un territorio più vasto di un paese solo

In Italia esistono 8.150 Comuni, di cui il 72% con meno di 5.000 abitanti. Esistevano 16 Unioni nel 1999 e se ne registrano quasi 300 oggi. Il fenomeno riguarda 1.400 Comuni e quasi 5 milioni di cittadini amministrati. Nella nostra regione il dato statistico è ancora più significativo, in tale contesto si colloca l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, una delle più grandi in Italia. La Regione ha provveduto a uniformare la  composizione delle Giunte delle Unioni in Emilia-Romagna, ferma restando la necessità di garantire la rappresentanza e la voce delle comunità locali, dei suoi eletti e dei suoi cittadini soprattutto in una Unione grande come la nostra.
Da qui è nata l’idea di costruire e gestire i rapporti fra i Comuni associati come in un sistema unitario e solidale  anche per evitare il pericolo e l’illusione del “Grande Comune”, e per allontanare ogni pretestuosa allusione alle fusioni.
La proposta concettuale con cui il presente Piano strategico  è ordinato parte dalla definizione che i Comuni della Bassa Romagna hanno  dato all’Unione, ossia quella di una Federazione di Comuni. Tale concetto ha una serie di implicazioni. Sul piano della rappresentanza comporta due tipi di confronto, il primo in relazione alle maggioranze politiche  e ai pesi della popolazione, il secondo vedendo tutti i Comuni alla pari. Sul piano della gestione di servizi, si può rappresentare la Federazione come l’erogatore di un livello “essenziale” di servizio che viene garantito, successivamente che lasci spazio all’autonomia finanziaria e politica del singolo Comune di aggiungere in quantità e qualità. Infine il concetto di Federazione rimanda anche al  tema della  perequazione, l’accezione solidaristica dell’organizzazione, funzione di perequazione che ovviamente ha un costo. Essa dovrà in primo luogo riguardare i piccoli Comuni, come già oggi avviene soprattutto nell’ambito dei Servizi sociali.


L’Unione dei Comuni della Bassa Romagna è stata costituita all’inizio del 2008 da 9 Comuni, sul cui territorio abitano complessivamente 102.300 abitanti; i Comuni aderenti sono  quelli appartenenti all’omonima Associazione intercomunale, manca purtroppo all’appello il Comune di Russi che comunque partecipa in convenzione alla gestione di diversi servizi. La superficie occupata è di  479,71 Km quadrati, oltre un quarto dell’estensione della provincia di Ravenna. La densità abitativa è di 213 abitanti per Km quadrato.   Le principali vocazioni produttive sono l’agricoltura, la trasformazione dei prodotti agroalimentari, la meccanica e il manifatturiero in generale. Tale assetto ha consentito di subire le
conseguenze della crisi economica meno di altri territori limitrofi. Tuttavia non sono mancati e non mancano tuttora elementi di preoccupazione e di crisi occupazionale, e l’Unione si è spesa fin dalla  primavera scorsa con misure rivolte a lavoratori, famiglie e imprese per attutire gli effetti della crisi.
L’Unione dei Comuni gestisce  16 servizi conferiti dai Comuni aderenti con apposite convenzioni. Il Bilancio annuale dell’Unione ammonta a circa 15 milioni di euro di spesa, di cui oltre 7 vengono dedicati al settore dei servizi sociali. Molte di queste risorse derivano da contributi statali e regionali; il resto delle risorse proviene essenzialmente dai Comuni aderenti, che sono 
incentivati dalla legge statale e regionale ad unificare la gestione dei servizi al fine di migliorare i 
propri livelli di efficacia e di efficienza.  

L’Unione dei Comuni ha poco meno di 150 dipendenti, ma solo 50 sono impiegati 

completamente presso l’Unione; i restanti 100 sono  condivisi con i Comuni. In tutto il territorio vi 
sono circa 750 dipendenti comunali, ne consegue che l’Unione rappresenta ormai almeno il 10% 
della forza lavoro.

Con il Piano strategico si prefigura il progressivo rafforzamento delle funzioni in capo all’Unione: tale prospettiva comporta un ulteriore spostamento di personale, nella convinzione che il processo associativo costituisca un’occasione importante di crescita professionale, di specializzazione delle competenze, di miglioramento dei servizi e di maggiore efficienza. Come ben espresso dal documento di indirizzi, i futuri assetti organizzativi prevedono l’impiego del personale attualmente dipendente dei  Comuni e dell’Unione, così da limitare l’incremento della spesa di personale e offrire opportunità di crescita agli attuali dipendenti.  

La forma della pianta organica attuale – strutturata in 8 aree funzionali e 3 servizi - rende conto della logica incrementale che fino ad oggi ha caratterizzato l’Associazione prima, l’Unione poi. Questo Piano strategico vuole essere un contributo anche sotto questo profilo, perché la progettualità nelle organizzazioni dei Comuni e nell’Unione sia coerente, non ingeneri sovrapposizioni, perché permetta di rintracciare facilmente responsabilità e competenze, e promuova l’affermazione delle capacità delle persone anche nel lungo periodo.

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