mercoledì 4 novembre 2009

Recuperare la storia per riflettere sul futuro

I meridionali non facilmente dimenticheranno. La memoria storica impone il dovere al ricorso ed allo stimolo per la riflessione. Ha ragione il Presidente Napolitano a porre all'attenzione degli italiani, a ridosso dei 150 anni della ricorrenza dell'Unità d'Italia, ed ora che sono diversamente maturate le coscienze rispetto all'evento storico, il problema dell'unità del Paese. Anch'egli avverte un brutto clima, avverte l'insopportabilità di un peso scaricato, ancora una volta, sui meridionali. Sente vicina l'esplosione del Sud contro i settentrionali, i riciclati padroni dell'Italia, i neo oppressori del meridione, Berlusconi e Bossi che, in uno alla potenza economica settentrionale totalizzante, vogliono al Sud radicare una rinnovata, ma ormai atavica, miseria.
Come sosteneva Rosario Romeo, in suo colto scritto, diffuso nel periodo delle celebrazioni riservate al Centenario dell’Unità d’Italia, si avverte, ancora una volta e in questa ulteriore occasione celebrativa dello stesso evento, sotto le presumibili cornici grandiose delle manifestazioni ufficiali, “un certo senso di distacco non solo delle masse ma anche delle classi colte e dirigenti”. Vi era già difatti, al compimento del centenario dell’evento, e vi è, oggi più che mai, nell’aria, rispetto ad una riaffermazione di fedeltà ai valori tradizionali risorgimentali ed unitari, una indifferenza popolare e condivisa di fondo che, poi, nel Sud del Paese diventa non più condivisione di importante rilevanza storica nazionale. Oggi, più che allora, alla data del 1961, non solo vi è “una pesante fatica nello sforzo volenterosamente compiuto di riallacciare la odierna realtà italiana a quel passato” ma addirittura la storiografia delinea documentalmente quelle che furono le atrocità e le violenze(nei lager piemontesi che non avevano nulla da invidiare a quelle operate nella odierna Guantanamo) commesse contro le popolazioni del Sud e contro i combattenti del periodo, definiti spregiativamente “ briganti “, per il riscatto dei meridionali e per il dissenso armato contro il voltagabbana Garibaldi che aveva promesso la divisione della terra ai poveri contadini meridionali che, peraltro, avevano perorato la sua causa risorgimentale ed unitaria. Sembra sia giunto, sulla questione, il tempo del “ puntctum flexus contrarii”, il punto di conversione, come lo definiva Kant, dove la storia italiana deve necessariamente mutare direzione. Bisognerà prendere atto, sembra sia il caso che lo faccia anche il preoccupato Presidente Napolitano, che, ormai ed inevitabilmente quell’equilibrio storico nazionale che portò all’Unità del Paese, si è definitivamente frantumato portandoci all’irreparabilità. Sotto l’ormai evidente accidentalità storica determinata dal principio della “potestas annihilationis” politica sembra sia difficile e non facilmente praticabile l’ipotesi del subentro facile ed indolore di un nuovo corso a quello esistente. E’ immaginabile, allora, prepararsi all’irreparabilità. Essa è chiaramente segnata sui volti di tanti meridionali che non si lasciano affascinare dalle illusorie lusinghe di questo residuo periodo berlusconiano. Si ha ragione di credere, leggendo obiettivamente ed appassionatamente le pagine storiche del momento, che il tempo della fine si sia irreversibilmente trasformato nella “ fine dei tempi” dell’ “ara pacis” benedetta con l’Unità d’Italia. La storia politica italiana del momento è la meno adatta ad evitare l’irreparabilità di cui si parla. L’Unità d’Italia, frutto di una remota e particolarissima azione utopica e, per alcuni versi, profetica non riesce più a stimolare sentimenti nazionali antiquati e superati nella prassi storico-politica mortificante per il Sud. A quella autodeterminata profezia oggi succede l’imperio della nuova profezia apotropaica. Non regge più la corrispondenza fondante tra il predire e il fare la storia; essa si rilassa a forma situazionale in cui proprio quelli che costruiscono o producono minaccia sono gli stessi che tendono a minimizzarla, negarla, esorcizzarla mentre coloro che ancora credono di poter (i neo borghesi liberali di salotto o liberal-chic, come vengono definiti ) esaltare il modello storico unitario postrisorgimentale, in realtà, non sono altro che poveri ed imbelli profeti disarmati. Sarà anche la nostra aspettativa utopica ed illusoria profezia intellettualistica ma iniziamo anche a recuperare quella straordinaria e vivace cultura della “napoletanità”, per far valere le nostre ragioni di meridionali contro gli imbrogli vecchi della storia costruita con inganni e violenze a nostro danno e contro chi crede di salvare la nazione con rinnovata infiammazione dei cuori degli italiani per una sempre verde Unità d’Italia.

Fonte: Il Quotidiano della Basilicata – Novembre 2009

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