PATERNO – Evidentemente Paterno è un paese di soli ricchi e per soli ricchi. Questa la farsesca, paradossale e burlesca conclusione che si può trarre dallo schema dei vari Piani comunali per il diritto allo studio individuati ed approvati dalla Giunta comunale. La prima beffa per le famiglie arriva dal raddoppio delle tariffe che mensilmente graverà su di esse per assicurare ai propri figli la mensa scolastica che, quest’anno, passa dai 30 euro dell’anno passato ai quasi 60 euro di quest’anno. Motivazione ufficiale addotta dall’amministrazione comunale: una classe in più, per l’ammontare di quasi venti alunni, a cui dover garantire ed assicurare le condizioni del tempo pieno. Praticamente nulla di così trascendentale da poter giustificare un immotivato rincaro della refezione scolastica nella misura del 100%, anche in considerazione degli immutati parametri contenuti nel bando di gara per l’affidamento del servizio. La questione, però, non si esaurisce con l’impennata vertiginosa dei buoni pasti e si presta a distorsioni e storture. C’è ben altro. Con Deliberato della Giunta comunale numero 44 del 20.06.2009, infatti, veniva approvato il Piano comunale per il diritto allo studio relativo all’anno scolastico 2008/2009. Nel Deliberato si legge testualmente: “ Anche per l’anno 2008/2009 il Comune intende istituire il servizio di mensa scolastica, con priorità per le sezioni a tempo pieno, e per le scuole materne e medie, presso le quali si svolgono attività integrative pomeridiane. Il servizio di ristorazione sarà dato in appalto all’esterno, non essendovi all’interno delle strutture scolastiche personale qualificato e attrezzature idonee. E’ prevista una compartecipazione degli utenti calcolata sulla stima dei pasti forniti, e in ragione della propria condizione economica.” Compartecipazione mai riscontrata in quanto le famiglie, sebbene condizioni economiche disomogenee, hanno pagato in egual misura. Si sarebbe dovuto operare in ragione dell’Isee, la certificazione che determina la situazione economica del nucleo familiare, anche conosciuta come “redditometro” o “riccometro”, ma di fatto ciò non è mai accaduto forse anche perché il controllo della veridicità delle autodichiarazioni, da effettuare secondo sorteggio, sarebbe risultato viziato da un’incompatibilità tra l’organo controllore e l’ufficio deputato al rilascio di alcune delle stesse certificazioni Isee gestiti dagli stessi controllori. Incalzata su questo punto dai membri dell’opposizione, la maggioranza ha cercato di ovviare con un escamotage che ha prodotto ulteriori perplessità. Nell’approvare, infatti, il Piano comunale per il diritto allo studio per l’anno scolastico 2009/2010, ha riproposto con Deliberato numero 54 del 25.06.2009, lo stesso contenuto della Delibera relativa dell’anno precedente con la sola eccezione della scomparsa misteriosa dell’ultima frase relativa alla mensa scolastica.
Nuario Fortunato
Fonte: Il Quotidiano della Basilicata – Ottobre 2009
A rigore della sola logica - la Politica qui non c'entra proprio nulla - è ben strano che l'aggiunta di un'unica classe (venti ragazzi, tra alunne ed alunni) abbia portato addirittura al raddoppio della spesa privata in un anno ( +100%). Mi chiedo cosa sarebbe successo se, per ipotesi, a raddoppiare fosse stata la popolazione scolastica: si dava in garanzia la casa per dare una mensa alle/i figlie/i? Secondo quanto riportato dal pezzo di Nuario mi pare evidente che per l'anno scolastico 2009/2010, e spero che la Delibera n.54 del 25/06/2009 si impugni con vigore in ogni sede, vengono meno un bel po' di agganci normativi (a partire dai riferimenti Costituzionali fino ad alcuni altri contenuti nello Statuto Comunale, tra i quali citiamo l'art.3 comma terzo relativamente alla conformità dell'agire pubblico basato sul rispetto dei principi di solidarietà e giustizia sociale) e la/il cittadina/o può dirsi infelicemente gabbata/o dall'Amministrazione. Per l'anno scolastico precedente, invece, visto che si tratta di spese familiari richieste ma non correttamente parametrate in relazione all'ISEE, le cittadine/i che ritengono di avere subito un esborso eccedente la giusta misura possono, anzi civicamente dovrebbero, chiederne il rimborso all'Ente comunale. Ente che, per gli ovvi motivi di trasparenza – tra l'altro pure riportati all'art. 7 comma 1 del predetto Statuto Comunale – non può non avere indicato nella Delibera relativa all'anno 2008/2009 i criteri per il calcolo delle quote. E' noto, a chi è noto, che pure in assenza di tali obbligatorie risultanze amministrative, per analogia si applicano matrici equipollenti che comunque favoriscono le famiglie meno abbienti (che sono poi anche quelle danneggiate). Va da sé che una volta accolta la richiesta di rimborso, il Comune non può nuovamente trasferire il costo che sopporta sulla cittadinanza generalmente intesa ma deve rivalersi unicamente su quelle strutture che hanno attestato indici ISEE di favore, non corrispondenti alla situazione patrimoniale effettiva, la cui individuazione può essere certificata soltanto ricorrendo a visure effettuate da terzi pubblici di comprovata professionalità.
RispondiEliminaFrancesco Fumarola