martedì 12 aprile 2011

La Pubblica Amministrazione? Meglio "OPEN"

Continua il nostro viaggio contro la noia e la paralisi del "tanto-deve-andare-così". Questa volta presentiamo un articolo de "Il Sole 24 Ore" dedicato all'Open Source informatico applicato alle Pubbliche Amministrazioni e agli Enti Locali, oggi schiavi di Windows (che tutto è, tranne che gratis!). Non è una questione di lana caprina, perchè con i risparmi delle licenze e della manutenzione del software nelle strutture pubbliche comunali di Paterno, si possono organizzare tante altre cose, tra cui l'alfabetizzazione informatica gratuita alla cultura dell'Open Source per giovani e non. Ricordiamoci sempre che quando si compra un computer che gira con un sistema operativo non-open-source, questo si paga (non ce ne accorgiamo solo perchè esso è incluso nel prezzo finale)

IL PROGRAMMATORE E INFORMATICO FINLANDESE Linus Torvalds È IL PADRE DEL SOFTWARE OPEN SOURCE LINUX, DA LUI INVENTATO E SVILUPPATO.
Nella Pubblica Amministrazione il software open source parte in vantaggio: la legge prevede una corsia preferenziale, per chi lo usa c'è la possibilità di sapere esattamente cosa contiene, si può installarlo dove si vuole, si riesce ad aggiornarlo più facilmente, è più stabile e più sicuro. Perché allora non è il più usato dalla PA? Perché, ad esempio, i quasi novemila Comuni italiani utilizzano circa 300 software diversi e oltretutto "chiusi" per la gestione della loro anagrafica?
"Il mondo della PA – spiega il professor Diego Maria Macrì, professore ordinario alla facoltà di ingegneria dell'università di Modena e Reggio Emilia – non ha compreso sino in fondo il modello dell'open source, basato su adozione e sviluppo, cioè riuso. Invece, si usano software proprietari e si perde l'economia di scopo".
Non è un problema da poco. "Manca – dice Matteo Vignoli, ricercatore nella stessa facoltà – l'attività di creazione del software open source adatto ai bisogni della singola PA, che possa essere riutilizzato anche dalle altre".
Il problema è che nessuna Pa ha come obiettivo di aiutare gli altri. Cioè, sviluppare un software open source a costi interni elevati per poi metterlo a disposizione alle altre Pa locali, ad esempio. Anche se, nelle amministrazioni, ci sono molti informatici e molto spesso con ruoli e mansioni sottodimensionati rispetto alle reali competenze.
"Epoca" nasce per rispondere a questo problema da uno spin-off accademico del l'università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Scienze e Metodi del l'Ingegneria, grazie all'attività di Macrì e Vignoli. L'obiettivo è quello di introdurre un modello alternativo per la creazione del software open source, in maniera che nasca la possibilità di coordinare gli sforzi, evitare di investire a scatola chiusa e massimizzare non solo la realizzazione di software su misura, ma anche di riuso del codice tra PA diverse.

Il primo obiettivo è creare un software "Open" per la fatturazione elettronica, che per legge diventa obbligatoria nella regolazione dei rapporti contabili fra le Pa e con i loro fornitori, e che pone un importante problema di gestione dei processi. "Dietro ogni processo – spiega Vignoli – c'è un sistema informativo. E quindi un software. E non tutte le Pa, dato che usano sistemi informativi diversi, offrono la stessa qualità dei servizi".

Il problema è che la PA perde l'esperienza, non accumula sapere. E quindi, ogni amministrazione deve reinventarsi la ruota. E anche una sola soluzione calata dall'alto, dal Ministero, non andrebbe bene, perché ogni singolo ente locale ha differenti dimensioni, scopi, procedure, dotazioni. "Il nostro – dice Macrì – è un modello di innovazione nel software dal basso, pensato per restare, per produrre conoscenza a livello locale. Prevede la collaborazione e vede che servono le Pmi del software, non i colossi".


Dal 2008 Epoca lavora a creare e fare da facilitatore per la rete che sviluppa il software per la fatturazione elettronica: Comune di Modena, Università di Modena Reggio Emilia, Università di Bologna, Regione Emilia Romagna, Enea in testa. I progetti sono cooperativi, non di singoli, esportabili, basati su una economia di scopo: "Ci devono essere – dice Vignoli – generalità, costi condivisi, diffusione rapida delle buone prassi, circolo virtuoso, configurabilità e non omogenizzazione degli utenti, cioè gli enti locali. Software originale e genuino, su misura".

Si parte da un contenitore (repository) dei bisogni di tutti i partecipanti, un coordinamento sul singolo progetto, ma non un rapporto gerarchico. Quello che gli sviluppatori Linux chiamano "dittatore benevolo", una democrazia basata sul consenso, con qualcuno che accenda la reazione e faccia costruire il software con il contributo delle amministrazioni partecipanti e delle eventuali piccole e medie imprese del software aperto (il mercato), con le loro competenze e capacità.

link all'articolo originale: http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-01-20/meglio-open-065044.shtml?uuid=AanwBH1C#continue

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